Stai pensando di partire per un anno, un semestre o un trimestre in Inghilterra? Leggi l'esperienza di Nayer, che ha vissuto un semestre all'estero in Inghilterra, nella cittadina costiera di Portsmouth.
Ho deciso di fare il semestre all’estero in Inghilterra perché, fin dalla prima superiore guardavo molti video sui social di ragazzi che raccontavano la loro esperienza vissuta in un paese estero. Perciò questo mi ha iniziato a destare molta curiosità ed ho iniziato ad avere il desiderio di voler provare anch’io a fare un’esperienza simile.
L’idea di poter distaccarmi dalla “routine quotidiana”, mettendomi alla prova all’interno di una nuova realtà, dove non conoscevo nulla e nessuno, era come una sfida ed un divertimento allo stesso tempo per la mia personalità!
Sono stata a Portsmouth, una cittadina di dimensioni medio-grandi sulla costa meridionale dell’Inghilterra. All’inizio è stato un pochino più difficile ambientarmi, perché non conoscevo la città, né le persone con cui sarei andata a vivere… ma alla fine mi sono resa conto che quella che provavo dentro di me era soltanto paura. Allora l’ho affrontata e alla fine è andato tutto benissimo. Ho scoperto la cultura anglosassone in tutti i suoi aspetti e ho iniziato ad osservare e a fare anche cose che prima mi sembravano assurde, solo perché non fanno parte di quella italiana.
Perciò, se dovessi darvi un consiglio per ambientarvi bene fin da subito, quello che vi direi è proprio quello di buttarvi appieno nella cultura del paese ospitante, sperimentando il più possibile quello per voi è nuovo!
La scuola inglese è strutturata in modo completamente diverso rispetto a quella italiana. I ragazzi, al compimento dei 16 anni di età, devono scegliere tre materie, in modo da studiare soltanto quelle in maniera molto approfondita. Io ad esempio, ho scelto spagnolo, francese e media studies.
Il rapporto coi professori è molto diverso: quando entravamo in classe ci domandavano se stavamo bene e si mettevano anche a ridere e scherzare insieme a noi. La mia professoressa di francese mi ha così fatto scoprire una passione verso questa lingua che non pensavo minimamente di avere!
Altra cosa che mi ha lasciata quasi senza parole è stato il fatto che nella mia scuola inglese nessuno usa il libro. Durante le lezioni si usa il computer e la scuola crea ad ogni studente un account personale, con cui poi si viene aggiunti dalla propria insegnante alla classe di google classroom, dove vengono messi tutti i compiti da fare per casa.
Inoltre il timetable è diverso ogni giorno: questo significa che non tutti i giorni si hanno le stesse materie. Io ad esempio, il lunedì avevo una sola lezione dalle 10 fino alle 11:30 e avevo finito. Il martedì però avevo lezione dalle 10 ale 16:15. Tra la fine di una lezione e l’inizio di un’altra poteva esserci 15 minuti di pausa, come poteva esserci un’ora e mezzo e questo era fatto appositamente, perché questo tempo poteva essere utilizzato per fare i compiti, in modo da arrivare a casa ed aver già fatto tutto.
All’interno del timetable è poi prevista un’ora di tutor, che viene svolta anche dagli studenti inglesi stessi. Solitamente il tutor è un professore del corso che si frequenta ed è quindi la figura di riferimento al quale lo studente può rivolgersi se ha qualsiasi tipo di problema a livello scolastico.
Per quanto riguarda la lingua, io quando sono arrivata non avevo un buon livello di inglese. All’inizio faticavo un po’ a capire quello che mi stavano dicendo. Poi però, più passava il tempo e più la mia mente iniziava a pensare e comprendere la lingua inglese.
Non nascondo che prima di partire mi era venuta molta ansia, perché avevo paura di trovare delle persone non molto accoglienti.
La realtà è stata poi ben diversa: in casa vivevo con una signora, Tracy, che non mi ha fatto mancare nulla. Mi ha trattata come una figlia e mi ha lasciato tanta libertà.
Sono riuscita a creare un rapporto di fiducia con lei: le scrivevo sempre dov’ero in modo da non farla preoccupare, quando andavo a cena fuori con i miei amici la avvisavo sempre e quando invece cenavo a casa, cercavo di adattarmi ai suoi orari per passare con lei più tempo possibile, durante il quale conversavamo per lungo tempo.
A Tracy piaceva anche cucinare e devo dire che quello che faceva non era neanche così male alla fin fine… non era sicuramente come il cibo italiano, ma era accettabile e anche con un po’ di forza mentale ci si abitua e ci si adatta.
La libertà che lei mi ha lasciato mi ha fatto crescere tantissimo, perché mi ha dato l’opportunità di capire come potevo prendere in mano la mia vita.
Mi sono affezionata tantissimo a lei, tanto che il giorno della mia partenza per ritornare in Italia, ci siamo messe a piangere fuori dalla porta di casa insieme. Ancora ora la considero una seconda mamma per me e continuiamo a scriverci qualche messaggio ogni tanto.
Vivevo anche con un host-brother brasiliano di nome Samuel. Con lui mi sono trovata bene e mi ha aiutata davvero molto sul piando dell’apprendimento della lingua. Parlavamo molto insieme e la sera dopo cena stavamo sul divano e ci mettevamo a guardare film o serie tv.
Lui però in alcuni casi era meno rispettoso di me nei confronti della Host mom e questo ha portato alla presenza di attrito e alla perdita di fiducia nel rapporto tra i due. Questo è per dire che non tutti siamo uguali, perciò alle volte le esperienze vissute possono essere molto diverse da persona a persona.
Una delle paure più grandi che avevo quando sono partita era proprio quella di non riuscire a fare amicizia. Quando sono arrivata però, mostrando tutto il mio entusiasmo quando conoscevo qualcuno, sono riuscita a creare dei bei rapporti di amicizia.
Ho stretto molti rapporti con gli altri ragazzi International e all’interno delle classi che frequentavo ho conosciuto anche dei ragazzi inglesi. Purtroppo però, con loro non avevo poi una frequentazione al di fuori del contesto scolastico.
Comunque sia non sono rimasta da sola e mi sono divertita tanto. C’erano poi anche ragazzi italiani, con cui ancora ora ci sentiamo e ogni tanto facciamo delle “reunion”.
Insieme tutti i fine settimana andavamo a fare dei viaggi dalla mattina alla sera in treno e questo ci ha permesso di esplorare diversi posti: siamo stati a Brighton, Londra, Oxford e Bath!
Tra i tanti momenti di divertimento, ci sono stati anche dei momenti più di difficoltà però. Lì ero, comunque sia, da sola con me stessa e non avevo più tutti i comfort che avevo prima. L’unica persona su cui potevo e dovevo contare ero Io. Non è stato semplice all’inizio, perché mi risultava difficile fare anche le cose che ai miei occhi risultavano “le più banali”. Però poi, come tutto, più le cose si fanno e più queste diventano facili. La conseguenza? Si acquisisce sicurezza e autostima, fattori fondamentali per sviluppare la propria personalità.
In certi momenti può subentrare lo sconforto… non spaventatevi se ve lo dico.
È normale che ogni tanto venga fuori. Sono dei momenti di down, in cui sentiamo che non tutto sta andando per il verso giusto. Tante persone cercano di mandarlo via, quasi ignorandolo.
Io vi do invece quello che per me è il segreto più fondamentale di tutti, che vi sarà utile poi per tutto il resto della vostra vita: cercate di ascoltarvi. Voi mi chiederete: “Come si fa?”
Io cercavo prima di esternare le mie sensazioni, parlandone con qualcuno. Lo facevo con la mia host-mom alle volte, oppure chiamavo i miei genitori al telefono e parlavo con loro.
Poi usavo delle tecniche meditative ad esempio. Mi mettevo quindi in ascolto delle emozioni che avevo dentro di me e qualcosa veniva sempre fuori in un modo o nell’altro; mi davo modo di capire perché mi sentivo un po’ giù, così da cambiare completamente il mio modo di fare, alle volte cercando anche di stravolgerlo totalmente.
Il mio cervello lavorava in una maniera nuova e mi sono resa conto che è davvero sorprendente quanto siamo attaccati a degli schemi mentali che non ci permettono di fare nuove esperienze, dato che non sappiamo in che direzione queste potrebbero portarci. La domanda che mi ponevo continuamente era: “Ma non vuoi farlo questo perché davvero non ti va di farlo o è solamente paura del fallimento?”. Se la risposta era la seconda, allora lì era il momento giusto per agire e per affrontare “l’ignoto”. Solitamente scoprivo metodi che mi facevano migliorare e questo mi dava tanta soddisfazione. Nel peggiore dei casi “fallivo” e non perdevo assolutamente nulla però, perciò ci riprovavo applicando un metodo differente. Questi momenti di “disagio” diventavano così per me un mezzo attraverso il quale potevo trarne soltanto beneficio. Mi ci è voluto un po’ di tempo per affinare questa tecnica, ma vi assicuro che tutti possono riuscire a farlo!
Lo consiglio veramente a tutti, perché è un’esperienza meravigliosa, che personalmente mi ha fatto crescere sotto tanti punti di vista.
Adesso so gestire meglio il mio tempo, non mi preoccupo più per ogni cosa che mi succede, ma valuto sempre per bene la situazione prima di fare qualsiasi cosa.
Io prima sapevo fare la metà delle cose che so fare adesso. C’era sempre qualcuno che si occupava al posto mio delle cose che mi faceva fatica fare.
L’indipendenza che ho adesso mi permette di autogestirmi in tanti campi differenti e mi ha dato l’opportunità di comprendere cosa veramente voglio e mi piace fare, senza dovermi preoccupare di quello che gli altri pensano di me.
Perciò credo che come ce l’ho fatta io possono farcela tutti… l’importante è che alla base, ci sia la forte volontà di fare quest’esperienza!
Martedì 19 novembre 2024